Le Corso di giornalismo della Svizzera italiana est une formation continue pour les journalistes déjà actifs mais pas encore inscrits au registre professionnel (RP) et qui souhaiteraient l’être. Les étudiantes et étudiants de l’année 2019-2020 ont lancé un blog : avec leur autorisation, investigativ.ch imprimera des articles qui pourraient être utiles dans le travail de recherche. Voici un article, en italien, sur le photojournalisme, ainsi qu’un fichier audio.
Sergio Ramazzotti: scattare per testimoniare la storia
A cura di Yara Rossi e Matteo Vanetti
“La fotografia non è mai stata così viva e così cruciale come oggi”. A dirlo è Sergio Ramazzotti, fotogiornalista che da oltre 30 anni racconta storie dagli angoli più remoti del pianeta. I tempi dei grandi reportage sono finiti e i principali giornali vivono appieno la crisi dei media, con un conflitto di interessi legato agli inserzionisti che ne garantiscono la sopravvivenza. Quale investitore vorrebbe vedere la pubblicità del proprio marchio nella pagina affianco a quella che documenta la sofferenza di una guerra che dura da decenni e che ha lasciato dietro di sé migliaia di vittime?
Il fotogiornalismo ha quindi dovuto adattarsi e in molti casi si è
messo al servizio di diverse istituzioni e corporation, senza venir meno
al proprio codice deontologico, utilizzando il linguaggio giornalistico
per realizzare un’istantanea della verità che ci circonda, cercando di
abbattere quel muro creato da una sorta di dissonanza cognitiva, un
rifiuto consolatorio della realtà innato in ogni individuo. Una buona
fotografia deve essere capace di cogliere l’essenza di un attimo, di
cristallizzare la verità, di essere “un pugno nello stomaco dato con
eleganza” e suscitare emozioni nelle persone.
Il mandato di un fotogiornalista è quindi quello di sensibilizzare il
lettore su uno specifico tema, narrare degli avvenimenti senza però
interferire con essi, “entrare in punta di piedi nella storia”, come lo
definisce Ramazzotti. Lo stesso però ammette che a volte i rapporti con i
soggetti non sono facili da gestire e c’è sempre il rischio di farsi
coinvolgere dalle circostanze, di non riuscire a mantenere le distanze o
di entrare troppo in empatia con i protagonisti. È necessario saper
leggere le situazioni, essere in grado di gestirle ed evitare di
interferire con la scena.
Nell’era della manipolazione digitale, delle fake news, del deepfake è
una sfida continua farsi garante della verità, soprattutto perché il
problema dell’autenticità dei contenuti cresce in maniera proporzionale
alla diminuzione della soglia di attenzione delle persone. Secondo
alcuni dati statistici forniti da Ramazzoti, nel 2020 è previsto che il
traffico dati video ammonti al 75% del traffico globale. Le condivisioni
video sui social sono aumentate del 1’200% rispetto a foto o post
scritti. I dati più significativi però si riferiscono alla fruizione
degli utenti: l’85% spegne il video prima di 10 secondi e la maggior
parte lo guarda senza audio. È logico chiedersi che cosa ha una capacità
più elevata di penetrazione, 72 foto in 3 secondi o una singola
immagine che comunica assoluta chiarezza?
Alcune foto sono uno stimolo sufficiente per influenzare una sola persona, altre invece possono cambiare il corso della storia.
Abbiamo incontrato Sergio Ramazzotti al termine della sua presentazione e gli abbiamo posto alcune domande.
Les collegues de Public Eye sont à la recherche de projets d’enquête. La deadline est le 9 mars.
Après une première édition fructueuse, Public Eye a décidé de reconduire son « Prix d’investigation » tous les deux ans. Violations de droits humains, atteintes à l’environnement, activités financières douteuses, corruption : les journalistes du monde entier ont jusqu’au 9 mars pour soumettre leur projet d’enquête sur les méfaits de sociétés suisses dans des pays en développement ou émergents. Les deux projets lauréats recevront un soutien de 10 000 francs chacun. Infos et conditions de participation ici.
Le Corso di giornalismo della Svizzera italiana est une formation continue pour les journalistes déjà actifs mais pas encore inscrits au registre professionnel (RP) et qui souhaiteraient l’être. Les étudiantes et étudiants de l’année 2019-2020 ont lancé un blog : avec leur autorisation, investigativ.ch imprimera des articles qui pourraient être utiles dans le travail de recherche. Ici: Comment éviter le langage sexiste. Le lien direct au site et un interview video (en italien).
“Es ist ein Mädchen”… E allora?
A cura di Raffaella Biffi e Axel Belloni
«È la prima volta nella storia che due donne si avventurano sole nello spazio». «Es ist ein Mädchen: Angela Merkel prima cancelliera nella storia della Germania». Gli esempi di Repubblica e Tageszeitung sono lo specchio di una discriminazione di genere alla quale contribuiscono anche i media. Espressioni contratte per esigenze di sintesi e slogan veicolati dalla stampa, che si trasformano talvolta in stereotipi più o meno nascosti. L’appuntamento di venerdì con il corso di giornalismo ha offerto a Francesca Mandelli e Pepita Vera Conforti il palcoscenico per riflettere sulla questione di genere.
L’italiano una lingua sessista? «La nostra lingua non è sessista, piuttosto è il linguaggio che può esserlo»: la giornalista della RSI Francesca Mandelli
ha spezzato una lancia in favore dell’italiano, nel cui presunto
maschilismo strutturale spesso si tende a rifugiarsi. L’uso a tutti i
costi di termini maschili è a tutti gli effetti una discriminazione.
Avvocata e architetta sono esempi di corrispettivi femminili entrati a
pieno titolo nei vocabolari; la desuetudine fonetica o la cacofonia non
devono quindi valere come scusa.
«Benvenuti a tutte» Non solo attraverso l’uso della lingua e il racconto, il
contributo dei media passa anche attraverso un’informazione che rispetti
la parità (anche numerica) di genere. «Benvenute a tutte! Così bilancio
il “tutti” che ha usato Aldo (Sofia, ndr)», ha esordito così – scherzando ma non troppo – PepitaVeraConforti,
esperta per la formazione continua del DECS. Attivista di lungo corso,
attraverso diverse iniziative si è battuta e continua a lottare contro
le discriminazioni e la violenza sulle donne. Una battaglia ad ampio
raggio che riguarda anche la proporzionalità tra quel 50% di popolazione
mondiale spesso sottorappresentata e l’effettiva presenza femminile
nella quotidianità. A livello ticinese solo il 30% di chi racconta le
notizie, tra dirigenti, capi edizione e capi redattori, è donna. Una
percentuale che scende al 25% a livello globale quando si tratta di
esponenti del gentil sesso protagoniste di un racconto giornalistico.
Dati eloquenti, emersi per la prima volta nel 1995 in occasione dalla
Conferenza mondiale sulle donne, che il Global Media Monitoring Project raccoglie in un rapporto ogni cinque anni.
E a livello svizzero? Un’indagine condotta dalla Commissione federale
per le questioni femminili ha dimostrato che, per la prima volta in
occasione delle elezioni federali del 2015, le candidate non sono state
presentate dai media sulla base di stereotipi.
Cinque anni più tardi, la polemica pre-sanremese con il “bella, anzi
bellissima” di Amadeus ha mostrato che però un sentimento di malcelato
sessismo resiste ancora.
La lezione è finita, fuori dall’aula alla radio c’è di Aretha Franklin. Respect: era il 1967, ma oggi è più attuale che mai…
Le Corso di giornalismo della Svizzera italiana est une formation continue pour les journalistes déjà actifs mais pas encore inscrits au registre professionnel (RP) et qui souhaiteraient l’être. Les étudiantes et étudiants de l’année 2019-2020 ont lancé un blog : avec leur autorisation, investigativ.ch imprimera des articles qui pourraient être utiles dans le travail de recherche.Cette fois sur la question: Comment rester des journalistes indépendants, spécialement dans le contexte local? Ici le lien direct au site et un interview audio (en italien).
L’interesse di un giornalista indipendente é dare notizie! Non essere un confessore o un avvocato
A cura di Julie Arlin e Natascia Bandecchi
L’incontro
con Antonio Civile, oggi coordinatore dell’offerta online RSI ma per
molti anni appassionato e navigato giornalista di cronaca locale per la
stampa scritta e la tv, ha alimentato profonde e accese riflessioni sul
mestiere del reporter di prossimità.
I
temi delicati e le questioni dei confini non precisamente determinati
della divulgazione di alcuni dettagli nei fatti di cronaca, hanno
movimentato l’aula e spaccato l’opinione dei presenti.
Grazie
ai casi pratici che Antonio Civile ha presentato, sono tornate a galla
tematiche affrontate già da inizio corso: “il diritto di cronaca”, “la
tutela della privacy” e “l’interesse pubblico nel divulgare o meno un
fatto”.
La discussione ha fatto emergere diverse conclusioni, fra tutte: l’assenza di un manuale definitivo del mestiere di giornalista e soprattutto di come la trasparenza e la fiducia che si creano con fonti e pubblico siano alla base di
DerCorso di giornalismo della Svizzera italiana ist eine Weiterbildung für Journalistinnen und Journalisten, die bereits im Beruf tätig sind und ins Berufsregister BR aufgenommen werden möchten. Die Studierenden des Jahrgangs 2019-2020 haben einen Blog lanciert: mit ihrer Genehmigung wird investigativ.ch die Artikel abdrucken, die in der Recherche-Arbeit nützlich sein können. Im folgenden Bericht geht es darum, wie Journalistinnen und Journalisten unbabhängig bleiben, vor allem im Lokaljournalismus (auf italienisch).
L’interesse di un giornalista indipendente é dare notizie! Non essere un confessore o un avvocato
A cura di Julie Arlin e Natascia Bandecchi
L’incontro
con Antonio Civile, oggi coordinatore dell’offerta online RSI ma per
molti anni appassionato e navigato giornalista di cronaca locale per la
stampa scritta e la tv, ha alimentato profonde e accese riflessioni sul
mestiere del reporter di prossimità.
I
temi delicati e le questioni dei confini non precisamente determinati
della divulgazione di alcuni dettagli nei fatti di cronaca, hanno
movimentato l’aula e spaccato l’opinione dei presenti.
Grazie
ai casi pratici che Antonio Civile ha presentato, sono tornate a galla
tematiche affrontate già da inizio corso: “il diritto di cronaca”, “la
tutela della privacy” e “l’interesse pubblico nel divulgare o meno un
fatto”.
La discussione ha fatto emergere diverse conclusioni, fra tutte: l’assenza di un manuale definitivo del mestiere di giornalista e soprattutto di come la trasparenza e la fiducia che si creano con fonti e pubblico siano alla base di
Le Corso di giornalismo della Svizzera italiana est une formation continue pour les journalistes déjà actifs mais pas encore inscrits au registre professionnel (RP) et qui souhaiteraient l’être. Les étudiantes et étudiants de l’année 2019-2020 ont lancé un blog : avec leur autorisation, investigativ.ch imprimera des articles qui pourraient être utiles dans le travail de recherche. Voilà le premier, sur les aspects juridiques de notre travail (en italien).
È una linea sottile a separare ciò che un giornalista può e non può fare.
Carla Clavuot e Nicole Caola
Muovendosi tra deontologia e legalità, diritti e doveri, interesse pubblico e protezione della personalità, la professione deve restare entro un confine a volte elastico, spesso tratteggiato, ma onnipresente: da un servizio di cronaca giudiziaria di pochi minuti a un’inchiesta più lunga e strutturata, la regola è trovare il giusto equilibrio tra la propria missione di watchdog e il rispetto del pubblico.
Restare sotto la linea è il dovere di ogni giornalista. Per tracciarla sono intervenuti davanti agli allievi del Corso di giornalismo della Svizzera italiana Gianni Gaggini, giornalista e volto della trasmissione Falò, e Laura Bernasconi, giurista alla RSI che svolge da anni un ruolo fondamentale all’interno delle redazioni dei programmi di inchiesta. Fondamentale perché sin dalla fase iniziale è in grado di intuire ciò che sta “sopra” e “sotto”, in modo che le redazioni possano riportare i fatti senza incorrere in problemi legali che vanificherebbero il loro lavoro.
Protezione della personalità, riprese e registrazioni illegali, diritto di risposta, protezione dell’onore. Quattro concetti che costituiscono potenziali rischi, e quindi fili imprescindibili nel tessuto della nostra linea. Per ciascuno di essi i relatori hanno portato degli esempi concreti, servizi e inchieste che li hanno portati a superare la linea e quindi a dover affrontare controversie legali.
Come comportarsi se i protagonisti di una vicenda raccontata in
un servizio giornalistico già pubblicato chiedono che i propri nomi
vengano cancellati invocando il diritto all’oblio?
SOPRA LA LINEA Fino all’anno scorso se una persona si rendeva responsabile di un reato compiuto nell’esercizio delle proprie funzioni era considerato di interesse pubblico poterne riportare i nomi (o renderli identificabili) all’interno di un articolo o di un servizio. I giornalisti del Quotidiano avevano infatti identificato i due avvocati arrestati durante l’inchiesta penale contro Paolo Clemente Wicht.
SOTTO LA LINEA Recentemente una sentenza del Tribunale d’appello cantonale ha ribaltato questo principio: è possibile fare i nomi di una persona implicata in un crimine solo e soltanto se gode di spiccata notorietà. Uno sconosciuto può quindi considerarsi “al sicuro”, perché i suoi dati sensibili non possono in alcun modo essere pubblicati dai media.
Come comportarsi se i protagonisti di una vicenda raccontata in
un servizio giornalistico già pubblicato chiedono che i propri nomi
vengano cancellati invocando il diritto all’oblio?
SOPRA LA LINEA
Cancellare la notizia è giustificabile solo se i fatti riportati sono
sbagliati o falsi. Aggiornarla o apporre dei cambiamenti è fattibile
solo se effettivamente sono emersi nuovi spunti o fatti che ne
giustifichino l’aggiornamento.
SOTTO LA LINEA Nel caso del Quotidiano quando i due avvocati implicati nell’inchiesta hanno chiesto di cancellare i propri nomi (sulla base della sentenza del Tribunale d’appello) si è deciso di anonimizzare l’articolo scritto che correlava il servizio. Un’alternativa potrebbe essere chiedere a motori di ricerca come Google di modificare le impostazioni in modo che l’articolo non sia più tra i primi risultati delle ricerche correlate.
Come ci si comporta quando giungono in redazione denunce o messaggi anonimi?
SOPRA LA LINEA Le segnalazioni o richieste d’aiuto anonime sono importanti piste da cui partire, ma non vanno mai pubblicate senza prima aver effettuato le verifiche necessarie. Le fonti vanno sempre protette, ma bisogna sempre chiedersi perché hanno interesse a sollevare il problema e a renderlo pubblico. In caso di denuncia di un reato grave di natura sessuale, come la pedofilia, è importante segnalarlo alla polizia: non va dimenticato il nostro dovere innanzitutto di cittadini.
SOTTO LA LINEA L’inchiesta di Falò sui casinò d’azzardo è partita da una lettera anonima interna, nella quale quindici lavoratori del Casinò di Lugano denunciavano movimenti di denaro alquanto sospetti. Per difendere le fonti nel servizio, sono stati cercati ed interrogati altri testimoni interni, che non avevano però partecipato alla denuncia, e resi a loro volta anonimi. La testimonianza anonima è uno strumento giornalistico che permette di raccontare la verità nascondendo l’identità di vittime o interessati.
Come ci si tutela da una potenziale denuncia penale da parte del protagonista di un’inchiesta?
SOPRA LA LINEA
Presupponendo la verifica dei fatti raccontati e la veridicità delle
informazioni raccolte, si pubblica o si va in onda senza mostrare il
documento alle parti, rischiando così una denuncia per diffamazione.
SOTTO LA LINEA
Fare in modo che il protagonista della vicenda – come nel caso di Enzo
Crotta e dell’inchiesta di Patti Chiari – veda il servizio in anticipo e
sia presente in studio per commentarlo. Qualora non si riuscisse a
raggiungere gli attori in gioco documentare sempre i tentativi fatti per
contattarli in modo da poter provare la propria buona fede.
In quali casi è lecito usare un microfono o una telecamera nascosta?
SOTTO LA LINEA
Per restare sotto la linea in questo caso è necessario che si
verifichino diverse condizioni, e solo se tutte sono soddisfatte è
possibile procedere. Il tema dell’inchiesta o dell’articolo dev’essere
di interesse generale e potenzialmente utile a favorire il dibattito
pubblico. Non ci devono essere altri modi per documentare i fatti che si
intende riportare. Bisogna rispettare la privacy di chi è coinvolto,
ovvero anonimizzare le persone riprese. Il fine delle riprese è quello
di raccontare un fenomeno, e non puntare il dito su un colpevole.
Si possono filmare persone ad un evento pubblico e usare il
materiale come immagine di copertura in un servizio, non per forza
relativo a quella manifestazione?
SOPRA LA LINEA
Nel servizio di Falò dedicato all’abuso di alcol da parte dei giovani,
c’è un breve spezzone, un’immagine di copertura, nel quale si vede un
gruppo di ragazzi che brinda alla festa del vino di Mendrisio. Uno di
loro, dopo aver visto la trasmissione, ha chiesto un risarcimento per
lesione dell’onore, perché la comparsa del suo viso in un sevizio sulla
sbornia gli avrebbe causato diversi problemi. Il ragazzo ha vinto la
causa contro la RSI.
SOTTO LA LINEA Tendenzialmente quando una persona si trova in un luogo pubblico, conscia di venir filmata, se non rifiuta espressamente di venir ripresa significa che è d’accordo. Il giornalista e il videomaker dovrebbero però sempre chiarire i motivi del servizio: la persona deve essere a conoscenza del tema trattato nel video in cui comparirà.
«Le journalisme local est la discipline reine du
journalisme»: c’est la conviction de Jürg Auf der Maur, rédacteur en chef du Boten der Urschweiz et intervenant principal
lors du congrès annuel d’investigativ.ch, qui s’est tenu le 29 avril 2019 au Buffet
de la gare d’Olten. Un congrès qui a d’ailleurs pris de l’ampleur: sous le
titre «Journalisme local d’investigation: entre recherche et fierté régionale»,
les membres de l’association et personnes intéressées ont bénéficié d’un
programme passionnant, avec ateliers, échanges et table ronde. Plus de 70
journalistes y ont participé.
Jürg Auf der Maur a plaidé avec conviction et inspiration pour
un journalisme local plus critique. Selon un de ses principes, il faut constamment
questionner les explications et déclarations officielles. Au cours de quatre
ateliers, des collègues ont fait part de leurs expériences pratiques et donné
des conseils concrets pour le travail au quotidien. Franziska Engelhart et
Stefanie Müller-Frank (toutes deux freelance, Republik), Alexandra Stark (MAZ),
Anna Bernasconi (RSI) et Jörg
Krummenacher (NZZ) étaient également
présents. Lors de la discussion en plénum, quatre collègues ont analysé les
chances et les risques du journalisme local à l’ère de la concentration médiatique.
Gabriel Brönnimann (freelance) a interviewé Rolf Cavalli (Aargauer Zeitung), Romina Loliva (Schaffhauser AZ), Maria Roselli (RSI) et Alexandra Stark. En outre, des journalistes expérimentés étaient
disponibles pour des entretiens individuels et pour répondre à des questions –
une offre qui a connu un grand succès.
Dominique Strebel, membre du Conseil consultatif, a expliqué pourquoi nous consacrons chaque année 15’000 francs à des projets d’enquête, de longue haleine ou non, dans le domaine du journalisme local et régional et ce grâce à «investigativ.ch: fonds d’enquête de la Fondation Gottlieb et Hans Vogt». Enfin, le «Sabot d’Or» a été décerné cette année à Jørgen Bodum, un industriel qui a déposé plainte contre la journaliste lucernoise Jana Avanzini (un verdict de première instance a été rendu depuis).
Morgen Dienstag 25. Juni steht die Journalistin Jana Avanzini vor Gericht. Der Gewinner des Goldenen Bremsklotz, der Industrielle Jørgen Bodum hatte sie wegen Hausfriedensbruch verklagt, als sie über seine besetzte Villa berichten wollte. Die Geschichte schaffte es bis nach Deutschland. Der Beitrag in der Süddeutschen.