Für unseren goldenen Bremsklotz suchen wir noch aktuelle Beispiele. Gerne auch solche, die mit Corona zu tun haben. Eingesperrte Daten, der Virus als Ausrede für Intransparenz, usw. Schick deinen Vorschlag an kontaktATTinvestigativ.ch.
Quel est le comportement d’une équipe de tournage d’un film d’investigation TV confrontée à des refus d’accès aux sources? Quand et comment prend-elle la décision de recourir à la caméra cachée, à des pratiques «innovantes» ou même, «déloyales»? Quelles sont les principales stratégies et tactiques déployées pour faire face à des fonctionnaires réticents, aux nouvelles contraintes économiques et technologiques, aux risques d’uniformisation des médias?
A travers une approche socio-ethnographique liant observation participante, entretiens semi-directs et récits de pratiques, ce livre propose d’étudier en détail l’évolution récente des «arts de faire» de l’enquête que les journalistes mobilisent, en tant qu’acteurs sociaux inscrits dans les relations triangulaires entre médias, pouvoirs (politiques, institutionnels, économiques…) et public.
L’auteur montre que les professionnel·le·s de l’investigation journalistique entretiennent une «nécessaire indétermination» autour de leurs pratiques. Ils recourent à des techniques d’enquête implicites, mouvantes et créatives; ceci, à la fois pour remédier aux désavantages d’une position précaire (manque de budget, de moyens…), pour contourner des problèmes d’accès aux informations gouvernementales, pour échapper à des tentatives de prise de contrôle sur leurs activités ou encore, plus récemment, pour déjouer les risques liés à la cybersurveillance.Gilles Labarthe propose de nouveaux éléments de compréhension sur le journalisme d’investigation et ses enjeux actuels, un champ de recherche qui n’avait encore jamais été exploré de manière approfondie en Suisse, sous cet angle. Il apporte aussi de nouvelles notions et des clés de lecture concernant la déontologie et les «fondamentaux» du métier, utiles aux cursus de formation professionnelle.
Gilles Labarthe a un double parcours de chercheur scientifique et de journaliste indépendant (collaborateur pour La Liberté, Le Courrier, cofondateur de DATAS agence de presse). Auteur de livres et de films documentaires d’enquête, il est docteur en Journalism & Media Studies (Université de Neuchâtel). Il intervient aussi comme chargé de formation.
Es hat zwar ein wenig gedauert, denn wir wollten sicher sein, dass alle Speakerinnen und Workshopleiter, die wir für unsere Jahrestagung am 8. Mai vorgesehen hatten, auch am Ausweichdatum dabei sein können. Das hat geklappt und wir legen uns fest: Unser investigativ.ch-Jahrestreffen wird neu am 30. Oktober 2020 stattfinden.
Was wir auch im Oktober beibehalten: Die nationale Ausrichtung unserer Tagung. Sowohl auf den Podien als auch im Publikum nehmen Journalistinnen und Journalisten aus der deutsch-, französisch- und italienischsprachigen Schweiz teil. Damit die Aktualität trotz unserer frühzeitigen Planung dann nicht zu kurz kommt, halten wir uns natürlich noch ein paar Slots im Programm frei. Auch unsere Generalversammlung, die jeweils im Vorfeld der Tagung stattfindet, verschieben wir auf diesen Termin. Das detaillierte Programm werden wir rechtzeitig bekannt geben.
DerCorso di giornalismo della Svizzera italiana ist eine Weiterbildung für Journalistinnen und Journalisten, die bereits im Beruf tätig sind und ins Berufsregister BR aufgenommen werden möchten. Die Studierenden des Jahrgangs 2019-2020 haben einen Blog lanciert: mit ihrer Genehmigung wird investigativ.ch die Artikel abdrucken, die in der Recherche-Arbeit nützlich sein können. Diesmal ein Artikel zu Fotojournalismus. Hier geht es direkt zur Webseiteund zum Audiofile (auf italienisch).
Sergio Ramazzotti: scattare per testimoniare la storia
A cura di Yara Rossi e Matteo Vanetti
“La fotografia non è mai stata così viva e così cruciale come oggi”. A dirlo è Sergio Ramazzotti, fotogiornalista che da oltre 30 anni racconta storie dagli angoli più remoti del pianeta. I tempi dei grandi reportage sono finiti e i principali giornali vivono appieno la crisi dei media, con un conflitto di interessi legato agli inserzionisti che ne garantiscono la sopravvivenza. Quale investitore vorrebbe vedere la pubblicità del proprio marchio nella pagina affianco a quella che documenta la sofferenza di una guerra che dura da decenni e che ha lasciato dietro di sé migliaia di vittime?
Il fotogiornalismo ha quindi dovuto adattarsi e in molti casi si è
messo al servizio di diverse istituzioni e corporation, senza venir meno
al proprio codice deontologico, utilizzando il linguaggio giornalistico
per realizzare un’istantanea della verità che ci circonda, cercando di
abbattere quel muro creato da una sorta di dissonanza cognitiva, un
rifiuto consolatorio della realtà innato in ogni individuo. Una buona
fotografia deve essere capace di cogliere l’essenza di un attimo, di
cristallizzare la verità, di essere “un pugno nello stomaco dato con
eleganza” e suscitare emozioni nelle persone.
Il mandato di un fotogiornalista è quindi quello di sensibilizzare il
lettore su uno specifico tema, narrare degli avvenimenti senza però
interferire con essi, “entrare in punta di piedi nella storia”, come lo
definisce Ramazzotti. Lo stesso però ammette che a volte i rapporti con i
soggetti non sono facili da gestire e c’è sempre il rischio di farsi
coinvolgere dalle circostanze, di non riuscire a mantenere le distanze o
di entrare troppo in empatia con i protagonisti. È necessario saper
leggere le situazioni, essere in grado di gestirle ed evitare di
interferire con la scena.
Nell’era della manipolazione digitale, delle fake news, del deepfake è
una sfida continua farsi garante della verità, soprattutto perché il
problema dell’autenticità dei contenuti cresce in maniera proporzionale
alla diminuzione della soglia di attenzione delle persone. Secondo
alcuni dati statistici forniti da Ramazzoti, nel 2020 è previsto che il
traffico dati video ammonti al 75% del traffico globale. Le condivisioni
video sui social sono aumentate del 1’200% rispetto a foto o post
scritti. I dati più significativi però si riferiscono alla fruizione
degli utenti: l’85% spegne il video prima di 10 secondi e la maggior
parte lo guarda senza audio. È logico chiedersi che cosa ha una capacità
più elevata di penetrazione, 72 foto in 3 secondi o una singola
immagine che comunica assoluta chiarezza?
Alcune foto sono uno stimolo sufficiente per influenzare una sola persona, altre invece possono cambiare il corso della storia.
Abbiamo incontrato Sergio Ramazzotti al termine della sua presentazione e gli abbiamo posto alcune domande.
Die Kolleginnen und Kollegen von Public Eye vergeben erneut Preise für investigative Recherchen. Deadline ist der 9. März. Und darum geht es:
Nach der erfolgreichen Erstausgabe des Investigation Award anlässlich unseres 50-Jahre-Jubiläums 2018 unterstützen wir auch 2020 wieder zwei journalistische Projekte mit je 10 000 CHF, deren Recherchen in jenen Ländern ansetzen, wo die Rechte von Menschen durch verantwortungslose Konzerne verletzt werden. Denn wer kann solche Ungerechtigkeiten besser dokumentieren als jene Medienschaffenden, die dort sind oder dorthin gehen, wo sie geschehen? Infos und Teilnahmebedingungen findet Ihr hier.
DerCorso di giornalismo della Svizzera italiana ist eine Weiterbildung für Journalistinnen und Journalisten, die bereits im Beruf tätig sind und ins Berufsregister BR aufgenommen werden möchten. Die Studierenden des Jahrgangs 2019-2020 haben einen Blog lanciert: mit ihrer Genehmigung wird investigativ.ch die Artikel abdrucken, die in der Recherche-Arbeit nützlich sein können. Im folgenden Bericht geht es um sexistische Sprache und darum, wie wie sie vermieden werden kann. Hier geht es direkt zur Webseiteund zum Videointerview.
“Es ist ein Mädchen”… E allora?
A cura di Raffaella Biffi e Axel Belloni
«È la prima volta nella storia che due donne si avventurano sole nello spazio». «Es ist ein Mädchen: Angela Merkel prima cancelliera nella storia della Germania». Gli esempi di Repubblica e Tageszeitung sono lo specchio di una discriminazione di genere alla quale contribuiscono anche i media. Espressioni contratte per esigenze di sintesi e slogan veicolati dalla stampa, che si trasformano talvolta in stereotipi più o meno nascosti. L’appuntamento di venerdì con il corso di giornalismo ha offerto a Francesca Mandelli e Pepita Vera Conforti il palcoscenico per riflettere sulla questione di genere.
L’italiano una lingua sessista? «La nostra lingua non è sessista, piuttosto è il linguaggio che può esserlo»: la giornalista della RSI Francesca Mandelli
ha spezzato una lancia in favore dell’italiano, nel cui presunto
maschilismo strutturale spesso si tende a rifugiarsi. L’uso a tutti i
costi di termini maschili è a tutti gli effetti una discriminazione.
Avvocata e architetta sono esempi di corrispettivi femminili entrati a
pieno titolo nei vocabolari; la desuetudine fonetica o la cacofonia non
devono quindi valere come scusa.
«Benvenuti a tutte» Non solo attraverso l’uso della lingua e il racconto, il
contributo dei media passa anche attraverso un’informazione che rispetti
la parità (anche numerica) di genere. «Benvenute a tutte! Così bilancio
il “tutti” che ha usato Aldo (Sofia, ndr)», ha esordito così – scherzando ma non troppo – PepitaVeraConforti,
esperta per la formazione continua del DECS. Attivista di lungo corso,
attraverso diverse iniziative si è battuta e continua a lottare contro
le discriminazioni e la violenza sulle donne. Una battaglia ad ampio
raggio che riguarda anche la proporzionalità tra quel 50% di popolazione
mondiale spesso sottorappresentata e l’effettiva presenza femminile
nella quotidianità. A livello ticinese solo il 30% di chi racconta le
notizie, tra dirigenti, capi edizione e capi redattori, è donna. Una
percentuale che scende al 25% a livello globale quando si tratta di
esponenti del gentil sesso protagoniste di un racconto giornalistico.
Dati eloquenti, emersi per la prima volta nel 1995 in occasione dalla
Conferenza mondiale sulle donne, che il Global Media Monitoring Project raccoglie in un rapporto ogni cinque anni.
E a livello svizzero? Un’indagine condotta dalla Commissione federale
per le questioni femminili ha dimostrato che, per la prima volta in
occasione delle elezioni federali del 2015, le candidate non sono state
presentate dai media sulla base di stereotipi.
Cinque anni più tardi, la polemica pre-sanremese con il “bella, anzi
bellissima” di Amadeus ha mostrato che però un sentimento di malcelato
sessismo resiste ancora.
La lezione è finita, fuori dall’aula alla radio c’è di Aretha Franklin. Respect: era il 1967, ma oggi è più attuale che mai…
DerCorso di giornalismo della Svizzera italiana ist eine Weiterbildung für Journalistinnen und Journalisten, die bereits im Beruf tätig sind und ins Berufsregister BR aufgenommen werden möchten. Die Studierenden des Jahrgangs 2019-2020 haben einen Blog lanciert: mit ihrer Genehmigung wird investigativ.ch die Artikel abdrucken, die in der Recherche-Arbeit nützlich sein können. Im folgenden Bericht geht es darum, wie Journalistinnen und Journalisten unabhängig bleiben, vor allem im Lokaljournalismus. Hier geht es direkt zur Webseite und zum dazugehörigen Audiobeitrag (allesauf italienisch).
L’interesse di un giornalista indipendente é dare notizie! Non essere un confessore o un avvocato
A cura di Julie Arlin e Natascia Bandecchi
L’incontro
con Antonio Civile, oggi coordinatore dell’offerta online RSI ma per
molti anni appassionato e navigato giornalista di cronaca locale per la
stampa scritta e la tv, ha alimentato profonde e accese riflessioni sul
mestiere del reporter di prossimità.
I
temi delicati e le questioni dei confini non precisamente determinati
della divulgazione di alcuni dettagli nei fatti di cronaca, hanno
movimentato l’aula e spaccato l’opinione dei presenti.
Grazie
ai casi pratici che Antonio Civile ha presentato, sono tornate a galla
tematiche affrontate già da inizio corso: “il diritto di cronaca”, “la
tutela della privacy” e “l’interesse pubblico nel divulgare o meno un
fatto”.
La discussione ha fatto emergere diverse conclusioni, fra tutte: l’assenza di un manuale definitivo del mestiere di giornalista e soprattutto di come la trasparenza e la fiducia che si creano con fonti e pubblico siano alla base di
Zuerst macht er Schaffhausen zur Drehscheibe eines internationalen Bestechungsskandals, dann wechselt er die Seiten und erleichtert seinen Arbeitgeber um 115 Millionen. Marlon Rusch hat für die Schaffhauser AZ und die WOZ über Erich Schulthess geschrieben, ein Mann, der zu gross wurde für seine Stadt. Die aufwändige Recherche mitfinanziert hat der «investigativ.ch: Recherchefonds der Gottlieb und Hans Vogt Stiftung», den wir im vergangenen Mai lanciert haben: «Erichs Coup»
Diese Veranstaltung wird zu einem späteren Zeitpunkt stattfinden, Infos gibt es bald an dieser Stelle.
Es war eine gigantische Konferenz. 1700 Journalistinnen und Journalisten aus aller Welt trafen sich Ende September zur 11. Global Investigative Journalism Conference (GIJC) in Hamburg. Und es war grossartig. In unzähligen Veranstaltungen konnten wir voneinander lernen, diskutieren, Kooperationen anbahnen und überhaupt investigativen Journalismus weiterbringen. Auch eine grosse Delegation aus der Schweiz reiste nach Norddeutschland und kam mit grossen Ideen zurück. Am 12.12. in Zürich gibt es dazu eine Veranstaltung: 5 Hamburgreisende erzählen von Panels und Speakerinnen, die sie am meisten beeindruckt haben. Zur Einstimmung findet Ihr hier (https://gijc2019.org/tipsheets/) Zusammenfassungen, Tipp-Sheets und Anekdoten aus der Konferenz.
12.12.19 ab 18.30 Uhr, Rosa-Luxemburg-Saal, beim Café Boy, Kochstrasse 2, 8004 Zürich
DerCorso di giornalismo della Svizzera italiana ist eine Weiterbildung für Journalistinnen und Journalisten, die bereits im Beruf tätig sind und ins Berufsregister BR aufgenommen werden möchten. Die Studierenden des Jahrgangs 2019-2020 haben einen Blog lanciert: mit ihrer Genehmigung wird investigativ.ch die Artikel abdrucken, die in der Recherche-Arbeit nützlich sein können. Hier ist der erste über die rechtlichen Aspekte unserer Arbeit (auf italienisch).
È una linea sottile a separare ciò che un giornalista può e non può fare.
Carla Clavuot e Nicole Caola
Laura Bernasconi, giurista alla RSI, e Gianni Gaggini, vice produttore di Falò e presidente del Corso di giornalismo.
Muovendosi tra deontologia e legalità, diritti e doveri, interesse pubblico e protezione della personalità, la professione deve restare entro un confine a volte elastico, spesso tratteggiato, ma onnipresente: da un servizio di cronaca giudiziaria di pochi minuti a un’inchiesta più lunga e strutturata, la regola è trovare il giusto equilibrio tra la propria missione di watchdog e il rispetto del pubblico.
Restare sotto la linea è il dovere di ogni giornalista. Per tracciarla sono intervenuti davanti agli allievi del Corso di giornalismo della Svizzera italiana Gianni Gaggini, giornalista e volto della trasmissione Falò, e Laura Bernasconi, giurista alla RSI che svolge da anni un ruolo fondamentale all’interno delle redazioni dei programmi di inchiesta. Fondamentale perché sin dalla fase iniziale è in grado di intuire ciò che sta “sopra” e “sotto”, in modo che le redazioni possano riportare i fatti senza incorrere in problemi legali che vanificherebbero il loro lavoro.
Protezione della personalità, riprese e registrazioni illegali, diritto di risposta, protezione dell’onore. Quattro concetti che costituiscono potenziali rischi, e quindi fili imprescindibili nel tessuto della nostra linea. Per ciascuno di essi i relatori hanno portato degli esempi concreti, servizi e inchieste che li hanno portati a superare la linea e quindi a dover affrontare controversie legali.
Come comportarsi se i protagonisti di una vicenda raccontata in
un servizio giornalistico già pubblicato chiedono che i propri nomi
vengano cancellati invocando il diritto all’oblio?
SOPRA LA LINEA Fino all’anno scorso se una persona si rendeva responsabile di un reato compiuto nell’esercizio delle proprie funzioni era considerato di interesse pubblico poterne riportare i nomi (o renderli identificabili) all’interno di un articolo o di un servizio. I giornalisti del Quotidiano avevano infatti identificato i due avvocati arrestati durante l’inchiesta penale contro Paolo Clemente Wicht.
SOTTO LA LINEA Recentemente una sentenza del Tribunale d’appello cantonale ha ribaltato questo principio: è possibile fare i nomi di una persona implicata in un crimine solo e soltanto se gode di spiccata notorietà. Uno sconosciuto può quindi considerarsi “al sicuro”, perché i suoi dati sensibili non possono in alcun modo essere pubblicati dai media.
Come comportarsi se i protagonisti di una vicenda raccontata in
un servizio giornalistico già pubblicato chiedono che i propri nomi
vengano cancellati invocando il diritto all’oblio?
SOPRA LA LINEA
Cancellare la notizia è giustificabile solo se i fatti riportati sono
sbagliati o falsi. Aggiornarla o apporre dei cambiamenti è fattibile
solo se effettivamente sono emersi nuovi spunti o fatti che ne
giustifichino l’aggiornamento.
SOTTO LA LINEA Nel caso del Quotidiano quando i due avvocati implicati nell’inchiesta hanno chiesto di cancellare i propri nomi (sulla base della sentenza del Tribunale d’appello) si è deciso di anonimizzare l’articolo scritto che correlava il servizio. Un’alternativa potrebbe essere chiedere a motori di ricerca come Google di modificare le impostazioni in modo che l’articolo non sia più tra i primi risultati delle ricerche correlate.
Come ci si comporta quando giungono in redazione denunce o messaggi anonimi?
SOPRA LA LINEA Le segnalazioni o richieste d’aiuto anonime sono importanti piste da cui partire, ma non vanno mai pubblicate senza prima aver effettuato le verifiche necessarie. Le fonti vanno sempre protette, ma bisogna sempre chiedersi perché hanno interesse a sollevare il problema e a renderlo pubblico. In caso di denuncia di un reato grave di natura sessuale, come la pedofilia, è importante segnalarlo alla polizia: non va dimenticato il nostro dovere innanzitutto di cittadini.
SOTTO LA LINEA L’inchiesta di Falò sui casinò d’azzardo è partita da una lettera anonima interna, nella quale quindici lavoratori del Casinò di Lugano denunciavano movimenti di denaro alquanto sospetti. Per difendere le fonti nel servizio, sono stati cercati ed interrogati altri testimoni interni, che non avevano però partecipato alla denuncia, e resi a loro volta anonimi. La testimonianza anonima è uno strumento giornalistico che permette di raccontare la verità nascondendo l’identità di vittime o interessati.
Laura Bernasconi spiega alla classi i quattro potenziali limiti del giornalismo: protezione della personalità, riprese e registrazioni illegali, diritto di risposta e protezione dell’onore
Come ci si tutela da una potenziale denuncia penale da parte del protagonista di un’inchiesta?
SOPRA LA LINEA
Presupponendo la verifica dei fatti raccontati e la veridicità delle
informazioni raccolte, si pubblica o si va in onda senza mostrare il
documento alle parti, rischiando così una denuncia per diffamazione.
SOTTO LA LINEA
Fare in modo che il protagonista della vicenda – come nel caso di Enzo
Crotta e dell’inchiesta di Patti Chiari – veda il servizio in anticipo e
sia presente in studio per commentarlo. Qualora non si riuscisse a
raggiungere gli attori in gioco documentare sempre i tentativi fatti per
contattarli in modo da poter provare la propria buona fede.
In quali casi è lecito usare un microfono o una telecamera nascosta?
SOTTO LA LINEA
Per restare sotto la linea in questo caso è necessario che si
verifichino diverse condizioni, e solo se tutte sono soddisfatte è
possibile procedere. Il tema dell’inchiesta o dell’articolo dev’essere
di interesse generale e potenzialmente utile a favorire il dibattito
pubblico. Non ci devono essere altri modi per documentare i fatti che si
intende riportare. Bisogna rispettare la privacy di chi è coinvolto,
ovvero anonimizzare le persone riprese. Il fine delle riprese è quello
di raccontare un fenomeno, e non puntare il dito su un colpevole.
Si possono filmare persone ad un evento pubblico e usare il
materiale come immagine di copertura in un servizio, non per forza
relativo a quella manifestazione?
SOPRA LA LINEA
Nel servizio di Falò dedicato all’abuso di alcol da parte dei giovani,
c’è un breve spezzone, un’immagine di copertura, nel quale si vede un
gruppo di ragazzi che brinda alla festa del vino di Mendrisio. Uno di
loro, dopo aver visto la trasmissione, ha chiesto un risarcimento per
lesione dell’onore, perché la comparsa del suo viso in un sevizio sulla
sbornia gli avrebbe causato diversi problemi. Il ragazzo ha vinto la
causa contro la RSI.
SOTTO LA LINEA Tendenzialmente quando una persona si trova in un luogo pubblico, conscia di venir filmata, se non rifiuta espressamente di venir ripresa significa che è d’accordo. Il giornalista e il videomaker dovrebbero però sempre chiarire i motivi del servizio: la persona deve essere a conoscenza del tema trattato nel video in cui comparirà.